Category: Monumento
Price: Free
In contrada Malvindi, sulla strada che da Mesagne porta a San Pancrazio (nei pressi dell’incrocio con la strada provinciale Oria – Cellino) sono ubicati i resti di un interessante impianto termale risalente a due fasi costruttive, la prima attribuibile agli inizi del I secolo dopo Cristo, l’altra ai secoli III – IV d.C.
Con lo scavo operato nei primi anni ’80 sono stati individuati un calidarium, la sala dei bagni in acqua calda e dei bagni di vapore – riscaldata con un sistema di risalita del calore da un impianto posto sotto il pavimento tenuto dal basso dai suspensurae, il tepidarium – la sala destinata ai bagni in acqua tiepida, e il frigidarium – camera adibita ai bagni con acqua fredda – dove sono stati rinvenuti i resti di una vasca.
Un altro vano, utilizzato prima come ambiente riscaldato, venne successivamente destinato ad ambiente di servizio.
In una delle sale del Museo “Granafei” di Mesagne si conserva la pavimentazione musiva del tepidarium, un mosaico costituito da tessere calcaree bianche e nere e da una decorazione centrale in marmo lunense, che fu rinvenuta in un notevole stato di disfacimento nel corso di un intervento di scavo attuato nel 1987. Il tappeto musivo, le cui caratteristiche tecniche e decorative rimandano al III secolo d. C., presentava varie rabberciature successive con frammenti di marmo bianco e grigio scuro o con malta, ed è stato, quindi, oggetto nel 1998 di un restauro e di una conseguente musealizzazione.
Probabilmente le acque necessarie al funzionamento dell’impianto termale venivano convogliate dal vicino canale, ancora parzialmente visibile.
Alcuni studiosi, sulla base di elementi inerenti le dimensioni dell’intera struttura e la sua ubicazione in una zona rurale, ipotizzano il possibile utilizzo pubblico del complesso termale in età imperiale romana come punto di riferimento e di sosta (mansio) lungo l’asse viario che collegava i centri antichi di Oria e di Otranto, su una direttrice viaria nota come Limitone dei Greci utilizzata come valida alternativa alla via Appia per raggiungere Otranto, il cui porto aveva soppiantato in importanza quello di Brindisi.
Attualmente l’area archeologica è in completo stato di abbandono, sommersa dai rifiuti.
Preoccupano le lesioni e quindi i possibili crolli dei muri degli ambienti portati alla luce con gli scavi archeologici, in quanto non si è proceduto al restauro e alla manutenzione dei resti scoperti e non è stato operato alcun tipo di contenimento della spinta del terreno esterno una volta effettuato lo “svuotamento” delle varie camere.
Gruppi di cittadini sollecitano da tempo urgenti interventi di consolidamento necessari alla salvaguardia dell’importante complesso archeologico di età imperiale.
Fonte: www.brindisiweb.it